Fase Mah!

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A pochi giorni dall’inizio della Fase Tre, quella che dovrebbe restituire ai cittadini la piena libertà di movimento su tutto il territorio nazionale, e quindi segnare un quasi completo ritorno alla normalità, mentre sindaci, governatori e governo procedono in ordine sparso, l’Italia continua ad essere tutto fuorché un paese normale. Poche considerazioni a margine del lockdown dovrebbero bastare a chiarirlo.

Un paese normale, ad esempio, dopo una crisi sanitaria di queste proporzioni, più che affidarsi alla buona sorte, e alla trinità Distanziamento Mascherina Caldo, avrebbe fatto di più per capire le reali dimensioni del contagio sul territorio (leggi più tamponi e test sierologici). Avrebbe compreso che la demonizzazione pura e semplice dell’aria aperta, con annesso approccio poliziesco nei riguardi di chi si azzardava a respirarla, non avrebbe né sconfitto il virus né favorito un clima sociale armonioso (la caccia all’untore dell’aperitivo ne è un chiaro esempio). Si sarebbe chiesto se tenere le scuole chiuse mentre gli studenti si assembrano e scorazzano liberi per le strade, a fronte oltretutto della loro riapertura in molti altri paesi e del quasi totale fallimento della didattica a distanza, fosse davvero la soluzione migliore per i suoi giovani. Ancora, avrebbe messo in cima alle sue priorità un reddito di emergenza, degno di questo nome perché incondizionato e generalizzato, in grado di aiutare, da ieri, e non come probabilmente sarà dall’estate inoltrata, precari e lavoratori del sommerso messi in ginocchio dalla quarantena. Si sarebbe posto sul serio il problema di chi vive di stipendio, e costretto a casa dal setaccio normativo del lavoro “superfluo”, ancora oggi è in attesa della cassa integrazione. Avrebbe aperto gli occhi, al di là delle regolarizzazioni a tempo legate al lavoro, sulle realtà di San Ferdinando, Borgo Mezzanone e le altre baraccopoli sparse da nord a sud, dove migliaia di braccianti immigrati vivono e lavorano in condizioni di sicurezza talmente scarse che l’esplosione di un focolaio virale lì rischierebbe di diventare una bomba sanitaria per tutto il territorio circostante. Insomma, avrebbe dovuto, una volta tanto, guardare in faccia alla realtà. Non diciamo, rimediare a tutte le ”storture” che lo rendono anormale da tempo ormai immemore, ma assumere la prospettiva di chi sta più in basso, nella scala sociale come in quella anagrafica. Una volta tanto.

Ora, dal cilindro di chi ci governa, tanto per avere un’ulteriore prova della distanza che ci separa dalla normalità, in questo caso persino mentale, salta fuori l’ultima trovata farsesca: l’assistente civico; una sorta di guardiano delle relazioni che avrebbe il ruolo di attendere ai nostri comportamenti sociali in luogo pubblico. Sessantamila volontari da arruolare tra i percettori di reddito di cittadinanza o di altri ammortizzatori sociali che, in quanto colpevoli di non avere un lavoro e di gravare sulle casse dello Stato, dovrebbero immolarsi in mezzo alla movida col rischio di intasare, dopo i reparti di terapia intensiva, quelli di traumatologia. Roba che neanche il più incallito dei masochisti potrebbe concepire. Non c’è verso, gente. Qua l’impresa eccezionale, come sempre, è essere normale.

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