Perdonaci tutti, Samuele.

Samuele Shoah Memoria


In una cameretta qualunque di una qualunque città italiana Cristian si appresta a trascorrere un’altra notte di divertimento e di ingenui distrazioni. Questa notte però Cristian non è solo. Con lui c’è un amico silenzioso, tanto uguale a lui eppure così diverso. Fermo alla finestra, scruta la strada e i suoi movimenti con il cuore in gola e la segreta speranza di potersi risvegliare, il giorno dopo, di nuovo nel suo letto.

“Che fai Samuele? Perché non la smetti di stare alla finestra e vieni a giocare con me alla Playstation? Certo che sei strano, amico! Al mattino non vai a scuola e te ne stai quasi tutto il giorno in cantina con la tua famiglia e quando viene sera invece di giocare con me te ne stai ad osservare la strada come uno scemo. Almeno ti mettessi a dormire, potrei capirlo. Uffa! D’accordo, tu non vuoi parlare ed io mi sono stufato di giocare da solo contro la Play che è diventata più prevedibile e stupida di te”.

In quel momento, nel profondo silenzio che avvolge la stanza si ascolta un breve fischiettìo. Samuele sobbalza alla finestra e si volta con sguardo atterrito verso l’amico. “Stai calmo, fratello. E’ solo il mio smartphone. Mi sarà arrivato un messaggio whatsapp”. Samuele mezzo tremante torna a guardare fuori in strada.

“Sì, un messaggio whatsapp. Ma che sto a parlare a fare con te. Tu neanche sai cos’è Whatsapp. Anzi, se vogliamo dirla proprio tutta: tu neanche sai cos’è uno smartphone. Perché un giorno non uscite, te e la tua famiglia, e ve ne andate a comprare uno? Almeno avreste un passatempo, una distrazione. Tu ad esempio potresti parlare e chattare con i tuoi amici, invece di stare sempre in cantina o alla finestra”. Non ottenendo alcuna reazione da parte dell’amico, Cristian rincara la dose. “Invece no! Dice: non possiamo uscire liberamente per strada e non possiamo comunicare con il mondo esterno perché rischiamo di essere beccati. Mah! Contenti voi di passare le vostre giornate così. Io non ci riuscirei mai, piuttosto mi ammazzerei”. Samuele, abbassa lo sguardo, e sospira profondamente. Nei suoi occhi e nel suo respiro greve tutto il peso di un gioco troppo grande per un ragazzino di 12 anni. E di nuovo, la voce di Cristian che rompe il silenzio. “Che bello! Domani, dopo gli allenamenti di calcio, il papà di Roberto ci porterà alla biblioteca comunale. Il papà di Roberto ha il suo studio d’avvocato proprio lì vicino. Hai capito dove!? Nello stesso palazzo dove è lo studio medico in cui lavora il tuo papà. Volevo dire, lavorava. Prima che decideste di barricarvi in casa”. E ancora: “alla scuola calcio poi si chiedono che fine hai fatto. Con la palla tra i piedi eri forte. Lo dicono ancora tutti i ragazzi. E pure il mister si ricorda di te. Ogni tanto lo senti dire ai ragazzi della difesa: fai questo o fai quello come faceva Samuele!”. Samuele, per un attimo pensa a sé al centro dell’area di rigore impegnato a far salire la squadra dopo aver scongiurato un attacco avversario. E poi pensa a tutte le volte in cui, con il padre steso sul lettino, aveva fatto finta di essere lui il dottore. Così, di colpo, quasi come un riflesso mentale condizionato, nei suoi pensieri si insinua il ricordo dei pazienti del padre. Chissà cosa facevano ora quando un mal di testa, di pancia o di schiena li colpiva. A chi si rivolgevano adesso che il padre non poteva più curarli.

Cristian, invece, tutto eccitato all’idea di cosa l’avrebbe aspettato l’indomani continuava: “Sai, ho scoperto che alla biblioteca hanno tutti i libri del Diario di una Schiappa. Ho già deciso. Domani mi siederò su quelle comode poltroncine che sono proprio accanto ai distributori di caramelle e cioccolata, tu sai dove, e così tra una pagina e l’altra mangerò un bel po’ di quelle delizie. Che ne dici? Bella idea, vero!? Perché non vieni anche tu con noi domani? Ricordi? Piaceva tanto anche a te stare seduto comodo sulle poltroncine a leggere e sgranocchiare patatine”. Ma ormai è troppo tardi. Samuele sempre alla finestra, il capo dolcemente appoggiato sulle sue manine delicate, dorme placido.

E’ mattino. Cristian si volta là dov’era il suo amico ma tutto è svanito. Dal suo lettino, al sicuro e al tepore delle coperte, ascolta la tv annunciare: “Oggi, 27 gennaio, è la giornata della memoria delle vittime della Shoah”. Il sogno lascia spazio alla dura e terribile realtà. Una lacrima amara e ribelle scende lentamente sulla sua guancia. Nella testa, un solo pensiero: “Perdonami Samuele. Perdonaci tutti”.