Governo di scarto

Governo Salvini DiMaio Conte mese


A chiamarlo governo Conte ci vuole fantasia. A definirlo governo del cambiamento ci vuole “coraggio”. Qualcuno, affidandosi ai colori, lo ha ribattezzato governo giallo-verde; qualcun altro, più guardingo, si è limitato a governo M5S-Lega. Ma, ad un mese dalla sua nascita, a giudicare anche dai recenti sondaggi che vedono la Lega superare di alcuni punti percentuali il suo alleato di governo, più corretto sarebbe parlare di governo Lega-M5S, dove il tratto che unisce le due sigle, più che rappresentare un tratto d’unione, simboleggia un segno di sottrazione. Una differenza, uno scarto, il cui nome, risponde a quello di Matteo Salvini.

Pochi giorni sono bastati per capirlo. Già a metà del mese, l’ingegnosa trovata giornalistica nota come Salvimaio, un’altra invenzione linguistica per definire il neonato governo, si è ritrovata in soffitta. Insostenibile leggerezza della crasi. Risultato prevedibile di un accordo sottoscritto, non tanto tra partner distanti, quanto piuttosto tra attori dal pensiero e dall’identità diverse. Debole e plurale, quella grillina, forte e monolitica, quella leghista. Senza contare, che per uno dei due contraenti in gioco, non esiste un piano B. E forse, proprio quest’ansia da prestazione, spiegherebbe l’inizio balbettante dell’esperienza di governo pentastellata.

Ma come accade in quelle partite in cui la squadra sfavorita vince a sorpresa, senza che però le vengano riconosciuti fino in fondo i meriti della vittoria, sarebbe fuorviante pensare che Salvini stia semplicemente approfittando di una momentanea difficoltà politica e comunicativa del suo alleato. Innanzitutto perché Salvini è questo. Il Salvini di governo non sembra molto dissimile da quello d’opposizione. E poi perché, in realtà, Salvini alleati non ne ha. Probabilmente se glielo chiedessimo, lui direbbe: I MIEI ALLEATI SONO GLI ITALIANI! Già sembra di sentirlo. Ma non sarebbe vero. Non del tutto. La verità è che il suo più fidato alleato, oggi come oggi, degli italiani, è soprattutto la paura. Una paura accompagnata da una buona dose di risentimento verso tutto ciò che sa di palazzo. Ma anche di complesso, o più semplicemente, di ragionato.

Ecco allora la proposizione di una visione marziana (da Marte, divinità della guerra) e marziale della realtà. Un mondo popolato di nemici da cui difendersi. Una semplificazione parossistica in cui esistono solo buoni, solitamente noi, e cattivi, sempre loro. Cattivi che un tempo erano i terroni e che oggi prevalentemente sono migranti e rom. Ma anche intellettuali, giornalisti, scienziati, e di questo passo, un giorno chissà, anche quel nostro vicino di casa che legge tanto e porta gli occhiali. Perché a furia di sdoganare cattivi sentimenti e di instillare odio nella gente nessuno può dirsi più al sicuro. La società s’indebolisce e s’incattivisce, ed è un attimo che chi stava al riparo sotto le insegne del noi si ritrovi catapultato dall’altra parte del guado.

Per tutto questo, e per molto altro ancora, chi condivide la responsabilità di governo con la Lega e il suo leader farebbe bene a svegliarsi presto. Chi sta all’opposizione di questo governo non si limiti a riproporre soltanto dei controvalori ma ritorni a confrontarsi con il paese reale. Chi, invece, crede davvero che la strada del cambiamento possa passare per quello che si è visto nell’ultimo mese, si procuri di corsa un libro di storia.